I Volti Nuovi del Gruppo, Alexander Konychev: “Quest’anno correrò già le grandi classiche. Il mio idolo da ragazzo? Beckham”

Il figlio d’arte Alexander Konychev è arrivato nel mondo del professionismo. Il veronese, classe ’98, ha firmato un contratto con la Mitchelton-Scott ed è il protagonista odierna della nostra rubrica I Volti Nuovi del Gruppo, che si occupa di dare voce ai neoprofessionisti italiani. Il salto nel mondo del grande ciclismo arriva dopo una stagione ad alti livelli in casa Dimension Data, prima con la formazione Continental e poi da stagista in quella World Tour. Il veneto è stato protagonista con il quarto posto alla Coppa Bernocchi 2019, in una stagione in cui ha indossato la maglia della nazionale sia agli europei sia ai mondiali under 23, contribuendo agli ori di Dainese e Battistella. Figlio di Dimitri Konychev, DS della Israel Start-Up Nation, ha scelto un altro team per il proprio debutto tra i grandi. La redazione di SpazioCiclismo lo ha intervistato in esclusiva.

Descriviti ai nostri lettori. Che tipo di corridore sei?
Avendo iniziato tardi, ho ancora un po’ da scoprirmi come corridore. La mia impronta per questo primo anno da professionista sarà per le classiche, farò parte di quella sezione del team. Quindi sono un passista-veloce, in gruppi ristretti posso dire la mia. Ma vado bene anche a cronometro in genere.

In effetti la Mitchelton-Scott cura molto la disciplina della cronometro. Ti sei allenato molto in questa specialità nei primi mesi con la nuova squadra?
Ho avuto le due bici nello stesso momento, quindi ho avuto già modo di allenarmi anche a cronometro. La nostra squadra cura molto quest’aspetto, e vediamo di migliorare anche in questa specialità.

Come ti sei avvicinato al ciclismo?
Ho giocato a calcio per undici anni. Non ho mai avuto un grande interesse per il ciclismo da piccolo, poi quando avevo sedici anni ho avuto un infortunio giocando a calcio. Facevo il centrocampista centrale, il mediano. Il fisioterapista quindi mi ha consigliato di andare in bicicletta. Un giorno sono uscito con mio papà per andare a vedere la partita dei miei compagni di squadra. Io ero su una mountain bike, lui su una bicicletta da strada. Al ritorno ero talmente stanco che non si tornava più a casa. Allora lui mi ha detto di usare quella di corsa, che magari saremmo arrivati un po’ prima. Da quella mi è presa la passione e ho iniziato ad andare praticamente ogni giorno. Poi ho conosciuto qualche ragazzo che andava in bici e sono uscito con loro, mi hanno consigliato di provare a chiedere a qualche squadra. In due mesi ho iniziato a correre con la squadra degli juniores.

Com’è stato il tuo primo impatto con il professionismo?
L’anno scorso ero in una squadra Continental, quindi ho già avuto modo di correre con i professionisti. Nella seconda parte di stagione, essendo stagista con la Dimension Data, ho corso la Vuelta Burgos, poi nella prima corsa World Tour abbiamo ottenuto una vittoria con Nizzolo. Il modo di correre con i professionisti è molto diverso, mi ci ritrovo un po’ di più per le mie caratteristiche. Tra i professionisti c’è più logica rispetto ai dilettanti.

Sei cresciuto nella Dimension Data, sia nella squadra Continental sia poi come stagista nel World Tour, tuo padre è storico d.s. della Katusha… ma tu hai scelto la Mitchelton-Scott per il tuo passaggio al professionismo. C’è un motivo particolare?
Non ho avuto tantissime proposte, le due opzioni più plausibili erano la Mitchelton-Scott, che mi ha chiamato il giorno del mio compleanno mentre correvo in pista a Pordenone, e la Dimension Data, ma la loro opzione sarebbe stata fare un altro anno in Continental e poi passare professionista nel 2021. Ma penso che un’offerta dalla Mitchelton-Scott sia un’occasione da prendere al volo. Sono davvero felice.

Tra l’altro la Michelton-Scott è una squadra fortemente improntata sula classifica dei Grand Tour, a maggior ragione dopo l’addio di Trentin…
Nelle classiche siamo una squadra molto giovane, non avendo un leader ben definito magari c’è la possibilità di cogliere qualche occasione. Per il primo anno l’importante è fare tanta tanta esperienza ed essere d’aiuto. Poi se c’è l’occasione di togliersi qualche soddisfazione lo faremo.

Sai già il tuo programma di corse in questa stagione?
Sì, un’altra cosa che apprezzo molto di questo team è l’organizzazione super. A metà dicembre avevo già il mio calendario di tutto l’anno, o quasi. Debutterò ad Almeria, poi farò la Ruta del Sol, poi inizierò in Belgio, farò le Strade Bianche, Larciano e tornerò in Belgio per fare le altre classiche, a partire dalla Gent-Wevelgem.

Invece a livello di Grand Tour sai già qualcosa?
Generalmente alla Mitchelton-Scott per i primi anni preferiscono non far correre grandi giri, non dovrei correrne quest’anno. Quando una squadra va a un grande giro per fare classifica comunque l’obiettivo principale è aiutare il leader, quindi c’è spazio giusto per uno o due passisti, che di solito però sono i più esperti.

Finora qual è stato il momento migliore e quale il peggiore della tua carriera?
Per me è stato molto difficile l’inizio, soprattutto il primo anno juniores. Ho fatto fatica a entrare nel gruppo. Non dico che c’era gente che mi remava contro, ma si era scettici sul mio inizio. Il migliore direi la fine della scorsa stagione, in cui ho raggiunto un ottimo stato di forma e ho ottenuto risultati con la squadra World Tour. Ho fatto quarto alla Coppa Bernocchi e sono andato ai mondiali con la nazionale per l’under 23.

Il risultato alla Bernocchi ti dà fiducia per questa stagione, anche per prenderti qualche responsabilità in corsa?
Il tipo di corsa è un po’ diverso rispetto a quello che farò nella prima parte della stagione, così come il livello dei partecipanti. Però sapere di essere già a giocarsi risultati contro squadre World Tour dà fiducia, questo sì.

La nazionale ha dimostrato di puntare molto su di te, soprattutto l’anno scorso. Hai qualche bel ricordo in particolare? E consideri l’europeo under 23, in cui sei stato ripreso nell’ultimo chilometro, un rimpianto?
L’europeo sì, ci credevo. Essere ripresi a così poco dalla fine dopo una fuga a due sul momento dispiace. Però poi comunque ho visto che aveva vinto Dainese, quindi alla fine è andata bene così. Con la nazionale ho fatto tanta esperienza, sono stato fortunato. Penso che il 2019 sia stato un anno da incorniciare, visto che abbiamo vinto una coppa delle nazioni, un europeo, i mondiali… È stata una grande annata, sia per gli under 23 sia per gli élite.

Quale corsa vorresti vincere in carriera?
A me piacciono la Parigi-Roubaix e la Milano-Sanremo, soprattutto, e magari un mondiale. Mi sono appassionato anche guardando la vittoria di Kwiatkowski a Ponferrada, quella è stata la corsa che mi ha fatto innamorare del ciclismo.

Nel gruppo della Mitchelton hai legato con qualcuno in particolare?
Qui in Sierra Nevada sono in stanza con Edmonson e abbiamo già fatto il ritiro precedente a gennaio come compagni di stanza. Stiamo legando molto, poi il gruppo qui è molto unito, la squadra ci tiene. Mi trovo bene anche con Affini, lo conosco e quando siamo a casa ci alleniamo insieme. Siamo davvero un bel gruppo, sia come squadra sia come staff. Ho avuto anche la fortuna di allenarmi con Annemiek Van Vleuten, la campionessa del mondo. Mi ha insegnato molto su come ci si può spingere fino ai propri limiti e quanto si possa essere forti con la testa. Lei è davvero da ammirare.

Che rapporto hai con tuo padre? Vi sentite spesso per le corse?
Negli anni precedenti, in cui ero meno seguito dalle squadre, tante volte aveva da dirmi che non facevo la vita da corridore. Ma piano piano anche ascoltando lui e i preparatori si capisce cosa comporta fare il corridore e cosa serve per essere competitivi. Poi a casa è sempre bello parlare di ciclismo e uscire ad allenarci insieme. Ora lo rivedrò ad Almeria: lui sarà con un’altra squadra, ma sarà molto bello.

Chi era il tuo idolo quando hai iniziato a seguire il tuo sport?
Il mio idolo quando giocavo a calcio è sempre stato David Beckham. I corridori che mi piacciono sono quelli d’esperienza, in Dimension Data ho potuto correre con atleti come Eisel e Cavendish. Eisel ti rende tutto più facile, da lui ho imparato tantissimo, soprattutto come muoversi in gruppo. In ogni momento in cui poteva succedere qualcosa lui era nel posto giusto. Per il resto mi piacciono corridori da classiche, come Sagan.

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